I Ching
I Ching (che significa
Libro dei Mutamenti) è uno dei libri più importanti della
letteratura mondiale. Non si conosce l'età in cui fu scritto
(alcuni ritengono nel XII secolo a.c.), inoltre varie sue parti
sono state aggiunte in tempi successivi. Entrambe le filosofie
predominanti in Cina, Confucianesimo e Taoismo, hanno qui le loro
radici comuni. E' un'opera che contiene la saggezza di millenni e
ancora oggi ha una grande importanza.
Il libro dei mutamenti fu innanzitutto un libro oracolare, ma non
meno importante è il suo uso come libro di saggezza. L'oracolo
si interroga rivolgendogli una domanda, e gettando per alcune
volte delle monete o degli steli di millefoglie. Dal risultato
ottenuto si ricavano delle linee, intere, spezzate o mobili, le
quali assieme formano uno dei 64 esagrammi elencati, nei quali è
contenuta la risposta. L'attenzione non è rivolta alle cose come
sono, ma alla tendenza di cambiamento, al mutamento. Nell'antica
Cina , non ci si accontentò semplicemente di conoscere il
futuro, ma ci si chiese anche il comportamento da tenere nelle
diverse situazioni: il libro di divinazione divenne dunque anche
un libro di saggezza. Finchè il futuro viene interpretato come
una tendenza, come in movimento, l'azione dell'uomo può ancora
avere una parte preponderante nella sua determinazione concreta.
E' idea fondamentale de I Ching, innanzitutto, il mutamento e le
sue leggi universali. Questo mutamento dunque non è senza senso,
chè non si potrebbe averne nessuna nozione, ma soggetto alla
legge che tutto permea.
Brani dalla prefazione a I Ching di C.G. Jung
[...]
Tra gli studiosi occidentali si è diffusa la tendenza a
liquidare quest'opera come una raccolta di "formule
magiche", per alcuni troppo astrusa per essere
intelligibile, per altri priva di qualsiasi valore. Per più di
trent'anni mi sono interessato a questa tecnica oracolare, o
metodo di esplorazione dell'inconscio, perchè a me sembrava di
non comune importanza. Non è molto facile trovare il giusto
accesso a questo monumento del pensiero cinese, così
infinitamente diverso dai nostri modi di pensare.
Per capire in generale di che cosa tratti un simile libro è
imperativo buttare a mare certi pregiudizi della mentalità
occidentale. E' curioso che un popolo dotato e intelligente come
i cinesi non abbia mai prodotto ciò che noi chiamiamo
"scienza". La nostra "scienza", però, si
basa sul principio di causalità, e la causalità è considerata
verità assiomatica. Ma un grande cambiamento è ormai avviato.
Gli assiomi della causalità sono scossi nelle loro fondamenta:
ora sappiamo che quello che noi chiamiamo leggi di natura non
sono altro che verità statistiche, costrette perciò ad
ammettere delle eccezioni. Non abbiamo tenuto abbastanza conto
del fatto che, per dimostrare la validità invariabile delle
leggi di natura, abbiamo bisogno del laboratorio con le sue
incisive restrizioni. Se lasciamo che la natura faccia da sè,
vediamo un quadro ben differente: ogni processo subisce
interferenze parziali o totali ad opera del caso, e in misura
tale che in circostanze naturali un corso di eventi che si
conformi in tutto e per tutto a leggi specifiche rappresenta
quasi un'eccezione.
La mentalità cinese, quale io la vedo all'opera nell'I Ching,
sembra preoccuparsi esclusivamente dell'aspetto accidentale degli
eventi. Ciò che noi chiamiamo coincidenza sembra essere la cosa
della quale questa peculiare mentalità s'interessa
principalmente, mentre ciò che noi adoriamo come causalità
passa quasi inosservato. Dobbiamo ammettere che qualche cosa si
possa dire in favore dell'immensa importanza del caso. Una
quantità incalcolabile di sforzi umani è rivolta a combattere e
limitare i danni o i rischi rappresentati dal caso. Spesso le
considerazioni teoriche su causa ed effetto appaiono pallide e
polverose a paragone degli effetti pratici del caso. Va benissimo
dire che il cristallo di quarzo è un prisma esagonale; è
proprio vero - fintanto che si immagina un cristallo ideale.Ma in
natura non si trovano due cristalli esattamente uguali, benchè
tutti siano palesemente esagonali. La forma reale, tuttavia,
sembra sollecitare il saggio cinese ben più di quella ideale. La
confusa congerie di leggi naturali che costituisce la realtà
empirica contiene per lui un significato ben più importante che
non una spiegazione causale di eventi che poi devono di regola
essere separati l'uno dall'altro prima che si possa discuterne in
maniera appropriata.
Il modo in cui l'I Ching tende a considerare la realtà implica
un giudizio poco favorevole per i nostri procedimenti
causalistici. L'istante che sta sotto osservazione appare
all'antica visione cinese più come un colpo di fortuna che come
il risultato ben definito di catene causali concorrenti. Ciò che
interessa sembra essere la configurazione che gli eventi
accidentali assumono al momento dell'osservazione, e niente
affatto le ragioni ipotetiche che apparentemente rendono conto
della coincidenza. Mentre la mentalità occidentale pone ogni
cura nel vagliare, pesare, scegliere, classificare, isolare,
l'immagine che il cinese si fa del momento racchiude ogni cosa
fino al più minuto e assurdo particolare, perchè l'istante
osservato è il totale di tutti gli ingredienti. Accade così che
quando si gettano le tre monete, questi dettagli casuali entrano
nel quadro dell'istante d'osservazione formandone una parte: una
parte insignificante per noi, eppure colma di significato per la
mentalità cinese. Per noi sarebbe un'affermazione banale e quasi
senza senso (almeno in apparenza) dire che qualunque cosa avvenga
in un dato momento possiede inevitabilmente la qualità peculiare
di quel momento. Questo non è un argomento astratto, anzi è un
argomento assai pratico. Vi sono certi esperti che all'aspetto,
gusto e comportamento di un vino sanno dedurre il sito della sua
vigna e il suo anno di origine. Vi sono antiquari ai quali basta
un'occhiata per indicare con un'esattezza quasi stregonesca
l'epoca, la provenienza e l'autore di un oggetto d'arte o di un
mobile. Di fronte a simili fatti bisogna ammettere che i momenti
possono lasciare tracce di lunga durata.
In altre parole, l'inventore dell'I Ching, chiunque sia stato,
era convinto che l'esagramma elaborato in un dato momento
coincideva con questo momento anche nella qualità, e non
soltanto nel tempo. Per lui l'esagramma era l'esponente del
momento in cui si realizzava - più ancora di quanto potessero
esserlo l'ora segnata dall'orologio o i dati risultanti dal
calendario - in quanto l'esagramma era concepito come un
indicatore della situazione essenziale prevalente al momento
della sua origine.
Questa teoria implica un certo strano principio che io ho
denominato sincronicità, un concetto che formula un punto
di vista diametralmente opposto a quello della causalità.
Quest'ultimo, essendo una verità meramente statistica e non
assoluta, è una specie di ipotesi di lavoro sul modo in cui gli
eventi evolvono l'uno dall'altro, mentre la sincronicità
considera particolarmente importante la coincidenza degli eventi
nello spazio e nel tempo, scorgendovi qualche cosa di più che il
mero caso, e cioè una peculiare interdipendenza degli eventi
oggettivi tra loro, come pure tra essi e le condizioni soggettive
(psichiche) dell'osservatore o degli osservatori.
L'antica mentalità cinese contempla il cosmo in una maniera
paragonabile a quella del fisico moderno, il quale non può
negare che il suo modello del mondo sia una struttura decisamente
psicofisica. L'evento microfisico include l'osservatore
esattamente come la realtà che forma il sostrato dell'I Ching
abbraccia le condizioni soggettive, ovvero psichiche, nella
totalità della situazione momentanea. Come la causalità
descrive la sequenza degli eventi, così per la mentalità cinese
la sincronicità considera la loro coincidenza.
Orbene, i sessantaquattro esagrammi dell' I Ching sono lo
strumento mediante il quale si può determinare il significato di
sessantaquattro situazioni differenti e insieme tipiche. Queste
interpretazioni sono l'equivalente delle spiegazioni causali. Il
nesso causale è statisticamente necessario e può quindi essere
sottoposto a esperimento. Poichè le situazioni sono ogni volta
uniche e non possono essere ripetute, sembra impossibile, in
condizioni normali, fare esperimenti con la sincronicità. Nell'I
Ching il solo criterio di validità della sincronicità è
l'opinione dell'osservatore, per il quale il testo dell'esagramma
corrisponde a una fedele riproduzione del suo stato psichico.Si
presuppone che la caduta delle monete sia proprio quale deve
essere necessariamente in una data "situazione", in
quanto ogni cosa che avviene in quel momento vi appartiene quale
indispensabile elemento del quadro. Essa forma il disegno
caratteristico di quell'istante. Ma una verità ovvia come questa
rivela la sua natura significativa soltanto nel caso che sia
possibile leggere il disegno e verificarne l'interpretazione, in
parte mediante ciò che l'osservatore conosce della situazione
soggettiva e oggettiva, in parte mediante il carattere degli
eventi successivi.
L'argomentazione che ho esposto fin qui non si è mai affacciata,
è ovvio, a una mente cinese. Al contrario, secondo l'antica
tradizione, sono delle "entità spirituali" operanti in
modo misterioso quelle che fanno dare una risposta sensata.
Queste entità formano, per così dire, l'anima vivente del
libro. Essendo così quest'ultimo una sorta di essere animato, la
tradizione vuole che all'I Ching si possano porre delle domande
nella fiducia di ottenerne risposte intelligenti. Le risposte
sensate e piene di significato sono la regola. Se l'I Ching non
è accettato dalla coscienza, almeno l'incoscio gli va incontro a
metà strada, e l'I Ching è più vicino all'incoscio che non
all'atteggiamento razionale della coscienza.
Devo confessare che durante la stesura della prefazione non mi
ero sentito troppo a mio agio, giacchè, per il mio senso di
responsablità verso la scienza, non ho l'abitudine di asserire
qualcosa che non posso provare o almeno presentare come
accettabile alla ragione. E' un compito ingrato, in verità
tentare di presentare a un pubbico moderno e non privo di senso
critico una raccolta di arcaiche "formule magiche" con
l'idea di renderle piò o meno accettabili. Io mi sono accinto a
questo compito perchè ritengo che nel modo di pensare degli
antichi cinesi vi sia ben più di quanto possa sembrare a prima
vista.
L'I Ching insiste continuamente sull'importanza di conoscere sè
stessi. Il metodo con cui si dovrebbe arrivare a questa
conoscenza si presta ad abusi d'ogni genere, e non è fatto,
quindi, per le persone frivole e immature; come non è fatto per
gli pseudointellettuali e i razionalisti. E' adatto solo per
persone ponderate e riflessive che si soffermano a pensare su
ciò che fanno e sulle esperienze che vivono. Non ho una risposta
alla moltitudine di problemi che sorgono quando cerchiamo di
conciliare l'oracolo dell'I Ching con i nostri canoni scientifici
correnti. Ma - inutile dirlo - tutto ciò che è
"occulto" va lasciato da parte. L'irrazionale pienezza
della vita mi ha insegnato a non scartare alcunchè, nemmeno ciò
che va contro tutte le nostre teorie (così effimere, nel
migliore dei casi) o comunque non ammette spiegazioni immediate.
E' inquietante, certo, e non si può mai dire se la bussola
funziona o è impazzita; ma la sicurezza, la certezza e la quiete
non portano mai a nessuna scoperta. Altrettanto vale per questo
metodo cinese di divinazione. E' chiaro che il metodo mira alla
conoscenza di sè, sebbene attraverso i millenni sia stato anche
messo al servizio della superstizione.
E' ovvio che io sono profondamente convinto del valore della
conoscenza di sè; ma che senso ha raccomandare questa conoscenza
quando i maggiori saggi di ogni tempo ne hanno predicato la
necessità senza successo? Persino all'occhio più prevenuto è
chiaro che questo libro rappresenta una sola, lunga esortazione a
esaminare con cura il proprio carattere, il proprio comportamento
e le proprie motivazioni. Questo orientamento ha un forte
richiamo su di me e mi ha indotto ad assumere l'impegno della
prefazione.
Non si possono mettere da parte alla leggera uomini della statura
di Confucio e Lao-tse quando si sia in grado di apprezzare la
qualità del pensiero che essi rappresentano; e meno ancora si
può sorvolare sul fatto che l'I Ching fu la loro principale
fonte d'ispirazione.
Data l'estrema antichità e l'origine cinese dell'I Ching, non
posso considerare anormale il suo linguaggio arcaico, simbolico e
fiorito.
L'antica saggezza dell'Oriente dà la debita importanza al fatto
che l'individuo intelligente chiarisca i propri pensieri, ma non
ne dà nessuna alla maniera in cui lo fa.
Sembra a me che un lettore non prevenuto dovrebbe ora essere in
condizione di formarsi almeno un'idea preliminare circa il
"funzionamento" dell'I Ching.
[...]
Zurigo, 1949