QUALE CONSULENZA FILOSOFICA?

di Alessandro Volpone

La FILOSOFIA è al contempo philêin, cioè passione, amore, e sophía, riflessione, ricerca, saggezza. Può essere un procedimento disciplinare, accademico, di analisi e studio di metodi, concetti e punti di vista in senso generale, e spesso astratto perfino per chi si occupa della materia per mestiere. Ma può essere anche, in fondo, una modalità per rapportarsi a se stessi, agli altri, al mondo, a Dio. Nelle sue varie determinazioni, infatti, direttamente o meno, la filosofia è da sempre stata a disposizione di tutti, magari in questioni di vita quotidiana: anche in esse, infatti, vale la pena di riflettere, un'arte in cui probabilmente conviene cimentarsi, in prima persona e autonomamente, senza deleghe a terzi. Socrate, ad esempio, come noto, non adoperò la filosofia per insegnare concetti, ma tutt’al più per analizzarli ed esplorare insieme ai suoi interlocutori il pensiero di ciascuno e la propria posizione su questa o quella questione concreta. Spesso, nei dialoghi platonici di cui egli è protagonista, non si capisce se sia più importante il tema su cui si discute, la conclusione da raggiungere, o, in maniera più sottile, la riflessione stessa che si va svolgendo, come atto o esercizio personale di approfondimento, affinamento o rischiaramento che si voglia intendere…

La CONSULENZA FILOSOFICA, sia pur nella diversità di prospettive in essa riscontrabili, adopera la filosofia nel secondo dei sensi illustrati, fornendo un tempo e uno spazio specifici per la "riflessione", di tipo comunitario e quindi almeno duale, che diviene "filosofica" quando trae dalla filosofia la sua origine e tradizione. Quanto alle modalità e agli obiettivi di questo "filosofare" nella e della riflessione, i punti di vista e divergono. Tornerò fra poco su questo argomento. Cito un breve estratto della descrizione della pratica fornita dal prof. Odo Marquard, che ha come riferimento precipuo la concezione europea continentale (tedesca, austriaca, olandese, ecc.), riportata nel VII volume del dizionario filosofico della Akademie der Wissenshaften un der Literatur Mainz.

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Pratica Filosofica
Gerd B.Achenbach ha dato una forma concreta all'idea di PF con la fondazione nel 1981 del suo studio di consulenza filosofica: con il termine PF, egli intende l'esercizio professionale del "consiglio filosofico di vita" [philosophische Lebensberatung] che ha luogo appunto nello "studio" [in der Praxis] del filosofo. "Nella pratica filosofica non viene richiesto di essere insegnanti di filosofia, bensì filosofi". "La forma concreta della filosofia è il filosofo: ed egli, cioè il filosofo in quanto istituzione nel caso specifico, è la pratica filosofica". Ancora: "La pratica filosofica è un libero dialogo […], non prescrive alcun filosofema, non somministra alcuna conoscenza filosofica; piuttosto, essa mette in movimento il pensiero nel senso del "filosofare"" insieme con il consultante – il quale non viene visto come un "caso", fra schemi precostituiti di problemi e soluzioni, ma come un individuo –, potendo così essere d'aiuto nel rimuovere e superare blocchi nell’orientamento. "La pratica filosofica non sa, ma spesso sa come procedere".

["Praxis, Philosophische", a cura di O.Marquard, in
Historisches Wörterbuch der Philosophie, vol. 7, Basel 1989, pp. 1307-1308.
Trad. it. disponibile on-line nella sezione Sokratike Techne del sito
www.FILOSOFARE.net,
attualmente su: <
http://www.geocities.com/philosophy_practices/Worterbuch/worterbuch.htm>].


Ed ecco un altro estratto di natura descrittiva, e comunque generale come il precedente, di un counselor canadese, Peter Raabe, che, tutto sommato, esemplifica ulteriormente la prospettiva illustrata, però in modo relativamente meno formale, per così dire, in un articolo apparso sulla rivista elettronica
PHILOSOPHY NEWS SERVICE.

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Che cos'è il counseling filosofico?
[…] Molto semplicemente, il counseling filosofico è l’attività di un esperto in filosofia [trained philosopher] che aiuta un individuo alle prese con un problema o una questione che abbia per questi una certa rilevanza. I counselor filosofici sanno bene che la maggior parte della gente è in grado di risolvere da sola molti problemi di natura quotidiana, facendo appello a se stessi o all’aiuto di persone vicine. Quando le questioni tuttavia diventano troppo complesse – ad esempio, quando alcuni valori sembrano confliggere, quando i fatti appaiono contraddittori, quando un ragionamento si trasforma in un circolo vizioso o se la vita diviene inaspettatamente priva di significato –, un esperto in filosofia può fornire un aiuto migliore rispetto a quello di amici o parenti.

[P.B.Raabe, "What is Philosophical Counseling?", in Philosophy News Service/ WHiP Updates
on Philosophical Counseling
, 2 maggio 1999, <
http://www.philosophynews.com/whip/index.htm#pc>.
Trad. it. disponibile on-line nella sezione Sokratike Techne del sito
www.FILOSOFARE.net,
attualmente su: < http://www.geocities.com/philosophy_practices/peter_b_raabe.htm>].

Negli USA la consulenza filosofica è approdata negli anni ’90, in parte generando, presso alcune associazioni di settore, una variante anglo-americana della concezione continentale. Essa è criticabile, a mio avviso, non tanto per l'accento posto sul valore psico-terapeutico della pratica, comunque non condivisibile, quanto più per la banalizzazione e strumentalizzazione di precetti, nozioni e procedimenti della tradizione filosofica. Questi sono spesso ridotti a rimedi di mali intellettuali, nella migliore delle ipotesi, oppure psicologici, e tristemente somministrati a seconda del disturbo e dei suoi sintomi rintracciati nel consultante. Ciò presuppone, direttamente o indirettamente, una fase "diagnostica" in senso medico o similare, di certo arbitraria, del problema con cui si ha a che fare, e la sua durata può richiedere, come in molte psicoterapie, un buon numero di sedute. Successivamente si passa alla somministrazione del pharmakon filosofico, mediante aforismi, letture consigliate e quant'altro di opportuno. Soffri di mal d'amore? Rifletti su Platone, Sartre... Soffri di impasse decisionale? Leggi Pascal, Kierkegaard o che so io... Sulle vicissitudini, gli alti e i bassi della vita umana ha riflettuto più di un autore, e non c'è che l'imbarazzo della scelta. È come se la filosofia potesse essere trasformata in pillole, nella convinzione che a disturbo corrisponda rimedio.

A volte un parere estraneo su un accadimento ha più saggezza di cento riflessioni fatte da chi ne è coinvolto, e Roger Scruton (filosofo, giornalista e scrittore), ad esempio, dalle colonne del Times londinese, così acutamente qualche anno fa ha descritto e criticato questa incresciosa concezione della pratica filosofica:

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il ritorno del sofista
[…] Il filosofo non ci guida più verso la verità, mediante l'attivazione della nostra personale capacità di ragionamento. Tutt'altro, egli mostra un catalogo, ovviamente ben aggiornato, di "sistemi di credenze", aiutandoci a trovare quella che meglio fa per noi. E nessun dubbio nel convincere il cliente di aver investito bene i propri soldi; il "sistema di credenze" prescelto vestirà addosso perfettamente, soprattutto se illustrato mediante concetti molto vaghi, e sarà prezzato in maniera tale che il cliente troverà necessario, da un punto di vista psicologico, persuadere se stesso di essere stato davvero curato.

[R.Scruton, "The return of the Sophist", The Times, Londra, 11 agosto 1997.
Trad. it. disponibile on-line nella sezione Sokratike Techne del sito
www.FILOSOFARE.net, attualmente su:
<
http://www.geocities.com/philosophy_practices/TheTimesLondon/TheSophistSCRUTON.htm>].

Rincaro la dose. Personalmente, ritengo che questo imbarazzante modo di procedere nella consulenza filosofica sia mero approfittamento, non solo del malcapitato consultante, ma anche della tradizione filosofica stessa, saccheggiata e messa in vendita in confezioni e posologie opportune. E per coprire il maggior numero possibile di indicazioni terapeutiche e disturbi, questi consulenti sedicenti "filosofici" non esitano ad estendere le proprie scorrerie verso pensieri altri rispetto a quello occidentale, prendendo a piene mani anche dalle cosiddette "filosofie orientali", soprattutto sull'onda della diffusione della New Age, del salutismo esotizzante, delle medicine alternative e di altre tendenze analoghe.

Con ciò siamo dunque pienamente entrati nella discussione, di cui si diceva, delle modalità con cui "filosofare" nella sessione vis-à-vis consulente/consultante, il che equivale a interrogarsi innanzitutto intorno ai suoi obiettivi.
Desidero qui semplificare al massimo il mio punto di vista sull'argomento, rinviando ad altra sede la sua giustificazione in senso più profondo. L'intento delle presenti pagine, infatti, è meramente introduttivo, espositivo, e di certo è impossibile presentarne diversamente il contenuto.
Consulente e consultante rappresentano dei "ragionatori", ed essi interagiscono nel senso del "con-filosofare", cercando uno o più piani di comunicazione e dialogo in cui entrambi si sentano a proprio agio. Con ciò si intende che riescano entrambi ad essere se stessi nel corso dell'interazione, portando con sé le proprie rispettive competenze cognitive, emotive e le abilità sociali. Il livello di comunicazione in cui ciò è possibile diviene quello del dialogo che si va svolgendo. In esso i due soggetti sono infungibili, e sostituire i ragionatori vuol dire cambiare dialogo. Il richiamo manifesto ad autorità, da parte del consulente, esperto in filosofia, dovrebbe esser fatto solo se richiesto o se serve a dare spessore al livello dialogico su cui ci si trova, evitando di sbilanciare la comunicazione nel senso sia di "docente-discente", da una parte, e sia di "psicoterapeuta-cliente", dall'altra. Filosofare è essenzialmente trascendersi, razionalizzare, da qualunque punto di vista si voglia intendere, e ciò concerne innanzitutto la propria visione del mondo, con gli assunti metafisici, religiosi o i principi etici in essa coinvolti, gli aspetti meta-cognitivi e meta-emotivi messi in gioco, le aspettative sulla vita, ecc. Ma "trascendersi", in questo caso, vuol dire anche che la qualità comunicativo-dialogica può essere innalzata, qualora ve ne sia la possibilità, nel corso dell'interazione, raggiungendo una profondità maggiore, nella riflessione, un ulteriore livello in cui tuttavia entrambi i ragionatori siano ancora e nuovamente a proprio agio. Come intuibile, fare una esperienza di filosofia non significa illudersi di essere Hegel o di poter diventare come Sartre, o Heidegger. Non c'è bisogno di coltivare certi deliri. Basta avere motivazione, desiderio e disponibilità all’impegno, individualmente o in gruppo. Nella filosofia, come ad esempio nella musica, esistono certamente gradi e livelli diversi di fruizione della disciplina. Una cosa è far ascoltare, suonare uno strumento, quindi fare una esperienza di musica, un’altra è fare il musicista di professione o comporre creativamente, un’altra ancora è credere di essere Ludwig van Beethoven.
La "filosoficità" dell'interazione consulente/consultante difficilmente, forse, potrà essere considerata mediante criteri di valutazione e standard minimi da soddisfare, e tuttavia non si possono non tenere presenti i procedimenti filosofici attivati e adoperati, come analisi di concetti e ragionamenti, pensiero critico, giustificazione di posizioni e principi etici, discussione di tesi personali o di terzi, anche note, valutazione di conseguenze, astrazione regressiva, definizioni, dimostrazioni di forme argomentative, sillogistiche, ecc. Tutto ciò ha sicuramente una ricaduta sulla qualità della vita, in senso generale, del singolo.

Questa, dunque, dal mio punto di vista, la consulenza filosofica. In essa l'esercizio dialogico, di natura eminentemente evolutiva, anche "educativa" in senso ampio, comunque mai terapeutica, può esser definito in una sola frase come approccio e proposta globale di crescita cognitiva, emotiva, morale e politica su base filosofica.

 


Bari, 25 giugno 2001

 

 

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